La Legge 17 dicembre 2021 n. 215 ha modificato il comma 7 dell’art. 37 riferito al T.U. sicurezza (D.lgs 81/08 e s.m.i.) introducendo l’obbligo formativo per il datore di lavoro. Pertanto, il comma 7 citato assume la seguente formulazione “Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”
Di rimando il comma 2 dello stesso articolo riporta “La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
Entro il 30 giugno 2022, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adotta un accordo nel quale provvede all’accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del presente decreto in materia di formazione, in modo da garantire:
a) l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;
b) l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.”
Come è noto l’atteso “Accordo Stato Regioni” non è stato emanato nei termini indicati e presumibilmente o nella migliore delle ipotesi potrà essere emanato non prima di marzo/aprile del 2023, fatte salve sorprese dell’ultima ora.
A questo punto, nell’ambiente dei cosiddetti esperti in materia si è dato spazio a discussioni sulla opportunità o necessità di procedere con l’erogazione di corsi di formazione rivolti ai datori di lavoro prima dell’emanazione del nuovo Accordo Stato Regioni, parlando principalmente di datori di lavoro che non svolgono direttamente l’attività di RSPP per i quali sono già previsti corsi di formazione dedicati, mentre a parere della scrivente non si è dato opportuno spazio alla discussione legata alle implicazioni che tale modifica normativa comporterà, soprattutto a livello applicativo e giurisprudenziale.
Per questo motivo, forse è il caso di richiamare alcuni aspetti operativi che possono essere considerati dei punti fermi:
- L’art. 37 comma 7 è attualmente vigente con tutti le conseguenze del caso e pertanto nulla vieta ai soggetti indicati al comma 7.bis (La formazione di cui al comma 7 può essere effettuata anche presso gli organismi paritetici di cui all’articolo 51 o le scuole edili, ove esistenti, o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori) di organizzare percorsi formativi dedicati ai datori di lavoro, anche in assenza di un Accordo Stato Regioni, se non fosse altro che sensibilizzare il datore di lavoro sulle modifiche normative introdotte al T.U.;
- La CIRCOLARE N. 1/2022 emanata dall’Ispettorato Nazionale dei Lavoro, tra i vari aspetti rileva che “Per quanto concerne il datore di lavoro, l’accordo demandato alla Conferenza costituisce dunque elemento indispensabile per l’individuazione del nuovo obbligo a suo carico. Sarà infatti l’accordo a determinare non soltanto la durata e le modalità della formazione ma anche i contenuti minimi della stessa, pertanto la verifica circa il corretto adempimento degli obblighi di legge potrà correttamente effettuarsi solo una volta che sia stato adottato il predetto accordo”, ma tale valutazione viene esposta principalmente ai fini di una possibile verifica sanzionatoria, evidenziando che la verifica potrà effettuarsi solo dopo l’adozione dell’Accordo;
- Il futuro Accordo Stato Regioni si ritiene che dovrà necessariamente tenere conto di una formazione pregressa effettuata, purchè la stessa richiami determinati e specifici argomenti; a titolo di esempio si citano le disposizioni dell’Accordo Stato Regioni del 21.12.2011 al paragrafo 11 (RICONOSCIMENTO DELLA FORMAZIONE PREGRESSA).
Partendo dagli elementi sopra citati al fine di non rimanere impigliati in un approccio legato alla mera verifica sanzionatoria inerente i possibili e mancati adempimenti, oltrechè un approccio formale bisognerebbe evidenziare un approccio sostanziale se pur teso a verificare rischi legati alla possibile responsabilità penale da parte del datore di lavoro.
Sono oramai noti da tempo i concetti di culpa in eligendo e culpa in vigilando, ai quali si aggiungono le valutazioni legate all’applicazione del D.lgs 231/01 e s.m.i. (responsabilità penale delle persone giuridiche) che stravolge il concetto di “Societas delinquere non potest”, con particolare riferimento all’art. 25 septies del D.lgs 231/01 e s.m.i. e alle previsioni di cui all’art. 30 del D.lgs 81/08 e s.m.i..
In tale ambito, si ritiene che l’inserimento di un obbligo formativo specifico a carico del datore di lavoro vada a togliere qualunque tipo di alibi legato a mancate e specifiche conoscenze della normativa vigente, sia per quanto riguarda gli aspetti legati alle attività non delegabili che per quelle relative alle attività delegabili (quante volte assistiamo alla presenza di deleghe che non rispettano i dettami dell’art. 16 del D.Lgs 81/08 e s.m.i.) e che questo aspetto, in futuro, possa togliere ulteriori elementi difensivi al datore di lavoro in caso di procedimenti penali legati ad esempio alla violazione dell’art. 590 del codice penale.
Altro aspetto può riguardare il rapporto tra azienda (persona giuridica) e datore di lavoro nell’ambito legato alla verifica applicativa del D.lgs 231/01 ai fini della determinazione di protocolli di prevenzione presenti all’interno del MOGC richiamanti l’art. 30 del D.lgs 81/08 e s.m.i. riferiti alla prevenzione del rischio reato di cui all’art. 25 septies del citato D.lgs 231/01.
A questo punto, è del tutto evidente che dobbiamo uscire dalla logica riferita all’attesa dell’emanazione del prossimo Accordo Stato Regioni (che per inciso non riguarda solo la formazione del datore di lavoro) al fine di giustificare la presenza di un corso di formazione che stabilisca durata e contenuti validi per le realtà imprenditoriali più disparate, come se tale attività a seguito del rilascio di un attestato che richiami l’Accordo Stato Regioni possa realmente tutelare il datore di lavoro.
Forse è il caso che i datori di lavoro trovino il tempo di frequentare percorsi formativi realmente utili per comprendere quali siano i rischi che corrono, al fine di valutare correttamente il tipo di supporto che ricevono dalle varie figure presenti all’interno della propria organizzazione, siano essi soggetti delegati, consulenti esterni, RSPP e quant’altro.
“Carola Anzalone” Presidente UAI Monza e Brianza e OPR CNEBIFIR Lombardia